Con approccio semplicistico e scarso impegno di ricerca storica, molti sembrano convinti di vivere in una singolarità. È concetto ricorrente in molti campi dell’esistenza umana, ma lo è in particolare in quello tecnologico in cui fenomeni che risalgono agli albori delle reti informatiche -o addirittura le precedono- vengono spesso presentati come nuovi e caratteristici di questo tempo.
Di inedito in realtà c’è solo la stretta simbiosi che oggi abbiamo con i nostri dispositivi informatici e con la rete a cui sono perennemente collegati. Ma le dinamiche umane che popolano la parte abitata della rete sono in buona misura sempre le stesse, magari solo un po’ più compresse nei tempi e più trasversalmente diffuse.
La lente deformata che vorrebbe inedite situazioni e comportamenti in realtà quasi ancestrali, ha molte cause non ultima quella informativa. Viviamo un tempo in cui l’insulto di un mentecatto anziché stagnare nella fogna che lo ha generato viene elevato a notizia da presunti organi d’informazione e poi a vessillo da altrettanto presunte rappresentanze civili e politiche. Percepiamo oltraggioso e pericoloso ciò che spesso nulla è se non uno sfogo rabbioso di chi non ha trovato altro modo per esprimersi. Ma tant’è, l’odio e la paura vendono molto più del ragionamento. Ed anche questa non è certo una novità del nostro tempo.
Pensavo a questa cornice rileggendo un vecchio ebook dei primi anni ’90, la Guida a Internet della Electronic Frontier Foundation nella traduzione in Italiano di LiberLiber. Nel capitolo 4 vengono tracciati vari profili tipici dell’utenza dell’allora strategica rete Usenet, e tra questi si dà anche la definizione seguente:
I “vomitatori” (spewers) danno per scontato che le cose che stanno loro a cuore, quali che esse siano, risultino di interesse generale, o debbano essere propinate a forza alle persone che sembrano non interessate, il più frequentemente possibile. In genere si possono identificare i vomitatori dal numero di messaggi che scrivono ogni giorno sullo stesso argomento, e dal numero di newsgroup ai quali li inviano: in entrambi i casi, si può arrivare tranquillamente a numeri di due cifre. Spesso questi messaggi concernono uno dei vari conflitti etnici sparsi per il mondo, e non esiste alcuna connessione comprensibile fra il loro oggetto e gli argomenti discussi dal newsgroup al quale vengono inviati. Ma ciò non sembra avere alcuna importanza: se cerchi di farlo rilevare rispondendo a uno di questi messaggi, sarai inondato da repliche astiose, che ti accuseranno di essere un razzista insensibile, di non vedere al di là del tuo naso, o di qualcos’altro ancora, oppure ignoreranno del tutto i tuoi argomenti rispondendo con diverse centinaia di nuove righe dedicate a illustrare la perfidia di coloro, chiunque essi siano, che secondo il vomitatore tentano di distruggere il suo popolo.
Sostituite newsgroup con social network e si potrebbe mandare in stampa anche oggi.
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Una vecchia edizione dell’EFF’s Guide to the Internet è disponibile qui. La versione tradotta da cui è presa la citazione è consultabile qui in vari formati. La parte abitata della rete è un libro di Sergio Maistrello.