La lettera agli hobbisti, il Free software e l’utente

L’italiano, inteso come lingua, non ha mai avuto probabilmente un sito di riferimento per il trittico Linux, Free software, Opensource; è mancato e manca l’equivalente che so di LWN.net o Phoronix.com in inglese. Non che i tentativi siano mancati ovviamente, ma esistono problemi strutturali difficili da superare per chi voglia trasformare un simile progetto in qualcosa di più di un semplice hobby. Da un lato c’è la vastità dell’argomento, dall’altro una platea non poi così estesa, da una parte c’è la concorrenza sempre più forte di AI e traduttori automatici, dall’altra la limitata redditività del lavoro editoriale online.

Sta di fatto che se ripenso agli ultimi 20 anni non mi vengono in mente molti ritrovi dove discutere di pinguini, gnu e creature affini. Forse potrei citare ZeusNews.it, ma da quelle parti la deriva su posizioni anti-Microsoft ha sempre avuto la meglio. Forse potrei citare Marco’s Box (marcosbox.com) che ci mette sicuramente grande passione ma rimane (per me, beninteso) troppo didascalico. C’è il tagliente Mia mamma usa Linux (miamammausalinux.org) che ha il grande pregio di far emergere temi che il pubblico italiano per lo più ignora (me compreso). C’è –ma dovrei usare il passatoLFFL.org che forse è quanto più si sia avvicinato ad un sito di informazione ampia e trasversale sui temi del software libero.

Un tempo verbale al passato dicevo, perché l’ultimo articolo organico del sito risale al maggio del 2022 seguito da un anno di silenzio. Nel maggio del 2023 la proprietà del sito è intervenuta direttamente a spiegare le cause e le ragioni dello stop agli aggiornamenti con un articolo intitolato LFFL è fermo da un anno: cos’è successo e perchè? È una lettura molto istruttiva a vari livelli che permette di ampliare il quadro della riflessione:

  • Il sito non ha mai generato utili
  • Non ha generato utili anche perché gran parte dei suoi lettori usava un adblocker
  • La pagina delle donazioni (non so quanto aggiornata) elenca solo 15 donatori in totale (ignota la cifra)
  • Gli inviti a contribuire (retribuiti) al sito sono quasi sempre caduti nel vuoto
  • Due soluzioni proposte per la ripartenza: un contributo dell’utenza tramite Patreon o la cessione del sito a qualcuno disposto a gestirlo senza snaturarlo.

In altre parole la nostra equazione ha una nuova variabile: l’utente. Che come spesso accade è parte del problema e non della soluzione. Scrivere in maniera costante, puntuale, precisa è una attività non banale che richiede tempo ed impegno. Magari per un tratto della propria vita lo si può fare gratuitamente per passione (a me è capitato) ma poi ad un certo punto si smette e ci si dedica ad altro.

I commenti all’articolo, in verità assai pochi, aggiungono qualche altro tassello. Qualcuno fortunatamente si dice disposto a contribuire direttamente. Il resto è un fiorire di distinguo: da quello che pur di non pagare vorrebbe bloccare gli adblocker, a quello che vorrebbe retribuire i redattori con i link di affiliazione, fino a quello che vorrebbe pagare coi bollini del supermercato (è una mia iperbole, ma il senso è un po’ quello).

Se più di un anno dopo il sito è ancora immobile, capirete che il problema insormontabile dell’informazione Linux-centrica è l’utenza. Vale a dire quella platea sufficientemente smaliziata da giocare con adblocker, DNS, VPN ed altre amenità pur di procurarsi comodamente i contenuti di proprio interesse, ma massivamente refrattaria a sostenere chi quelle informazioni le produce.

Nel 1976 un giovane Bill Gates prese carta e penna (più verosimilmente aprì un wordprocessor) e scrisse la celebre An Open Letter to Hobbyists indirizzata ai membri dell’Homebrew Computer Club ed agli hobbisti in genere. Con i toni spigolosi della sua giovane età, Gates poneva problemi concreti sulla sostenibilità del nascente mercato del software per PC: dalla richiesta di una giusta remunerazione per chi scrive software, alla scorrettezza di chi lo ricondivide allegramente, all’impossibilità di produrre software di qualità se con questa attività non si coprono neppure i costi. Per contestualizzare meglio bisogna ricordare che fino al 1974 negli USA (e a cascata nel resto del mondo) il software non godeva di alcuna protezione legale.

Il Linuxiano ortodosso ha sempre trattato la An Open Letter to Hobbyists come argomento anti-Microsoft, contrapponendovi la magnificenza di Linux, progetto completamente slegato dalle logiche di mercato e portato avanti per passione. Ragionamento che sicuramente faceva una certa presa sul pubblico ma che con il tempo è diventato sempre più fragile. Andate a verificare le retribuzioni dei dirigenti delle varie organizzazioni che promuovono il software libero, o quelle degli sviluppatori organici. Andate a spulciare i bilanci delle varie organizzazioni, le spese per consulenze, i viaggi pagati. Direste ancora che è tutto fatto per passione? In forma hobbistica? Appunto. Con parole forse sbagliate, Gates aveva detto cose corrette; ma state pur certi che non troverete molte persone disposte ad ammetterlo. Heartbleed è ancora li a ricordarcelo, e la più recente crisi economica della Gnome Foundation per altre vie ne è la dimostrazione definitiva.

Il software libero al pari dell’informazione indipendente esiste ed avrà futuro solo se sostenuto dai propri utenti. In caso contrario prepariamoci a vivere in un mondo di informazioni algoritmiche, pilotate, tutte identiche, tutte senz’anima.